L’archeologia invisibile è fatta di siti indagati e completamente re-interrati, spesso in mezzo ai grandi contenitori o alle infrastrutture del territorio contemporaneo. I paesaggi dell’archeologia invisibile nascono da campagne di scavo a carattere estensivo – soprattutto a seguito di grandi trasformazioni territoriali– e dalla mancanza di modelli di tutela adeguati alla natura dei ritrovamenti. Non è facile comunicare il possibile senso culturale di ritrovamenti che non sempre hanno un carattere monumentale e che sono spesso difficili da comprendere rispetto al loro funzionamento antico.
Questa ricerca ha rappresentato una formidabile occasione per riflettere sul possibile ruolo dell’archeologia nei territori dell’urbanizzazione diffusa, rispetto alla riorganizzazione del loro funzionamento, rinnovando il rapporto tra ricerca, tutela e valorizzazione. La paziente ricerca di forme di dialogo produttivo tra archeologia, architettura e paesaggio, approda ad una proposta di possibile integrazione tra uso contemporaneo dello spazio aperto “archeologico” e volontà di tutela e valorizzazione dei ritrovamenti. Con il risultato di stabilire nuovi significati collettivi e nuovi paesaggi, a partire dalla messa in circolazione delle conoscenze storico-archeologiche (narrazioni), senza che questo significhi cedere alla commercializzazione a buon mercato dell’archeologia.